Perizie psicologiche/Ambiti trattati

Capacità di intendere e di volere


IL nostro studio offre un percorso di valutazione della capacità di intendere e di volere nell'adulto ai fini dell'interdizione attraverso un percordo di valutazione psicologica e la stesura di una relazione psicologica finale.

Essa viene ritenuta come competenza “di analisi e di valutazione rispetto alle diverse motivazioni che sorreggono i singoli comportamenti dell’uomo, la sua consapevolezza critica rispetto al singolo comportamento di cui é protagonista, i suoi poteri di giudizio e discernimento” (Crisci, 2010). Viene considerata come capacità di comprensione: degli elementi salienti delle diverse situazioni nelle quali l'individuo può venire a trovarsi; del significato delle proprie intenzioni; delle conseguenze delle proprie azioni (Gulotta e altri, 2002). La capacità di volere “ha a che fare con l’azione, con la libera scelta, maturata al vaglio dei poteri di critica e di giudizio dell’individuo, delle consuetudini familiari, culturali, sociali e, delle convenzioni del contesto socio-culturale di appartenenza”. “Ha a che fare con la previsione e la prospettazione delle conseguenze delle scelte operate”. “E’ anche capacità di auto-inibirsi, di resistenza alle pulsioni, di gestione socialmente accettata delle emozioni e delle passioni” (Crisci, 2010).

Riguarda quindi la possibilità da parte dell'individuo di: pianificazione delle proprie azioni, intenzionandole tenendo conto della situazione e quindi dei rischi, delle opportunità, ecc.; adeguamento delle azioni alle proprie intenzioni; controllo cognitivo delle proprie azioni durante il corso del loro svolgimento (Gulotta e altri, 2002). In una recente pubblicazione gli autori definiscono la capacità di intendere e volere, così come contemplata dall'art. 428 del Codice Civile, una capacità “generica”, insieme a quella di provvedere ai propri interessi (art. 404, 414 e 415 c.c.) e sottolineano l'importanza della capacità di “agire” che poggia su una vasta famiglia di competenze di natura cognitiva, emozionale e sociale. La legge n.9 del 2004, introducendo la figura dell'amministratore di sostegno allo scopo di ridurre il più possibile la limitazione della capacità di agire per le persone che per diverse cause ne andrebbero comunque incontro, pone nuovi problemi per quei soggetti la cui limitazione dipende da una condotta che altri possono considerare negativa, perchè riprovevole, inopportuna, bizzarra. Ci troviamo, quindi, davanti al pericolo di una confusione tra “giudizi di fatto” e “giudizi di valore” che può riguardare sia il giurista che il tecnico (Stracciari, Bianchi e Sartori, 2011). In definitiva la capacità di intendere e volere è sovrapponibile alla capacità di agire e poggia su coscienza, razionalità e volontà e distingue quindi un individuo che è in grado di prendere una decisione, la quale potrà essere anche discutibile, da altri individui i quali evidentemente non sono in grado di prendere decisioni.

Tra le condizioni che possono inficiare la capacità di agire si possono far rientrare i disturbi del controllo ed impulsività, i disturbi “da dipendenza ambientale” e disturbi più propriamente cognitivi dell'azione. Nella categoria relativa ai disturbi del controllo assumono particolare importanza un insieme di disturbi temporanei come il sonnambulismo, i disturbi dissociativi, le crisi epilettiche parziali temporali e frontali e gli stati di trance e di passività indotti da sostanze psicoattive o da tecniche comportamentali che portano il soggetto a non ricordare nulla di quanto ha fatto e del perchè lo ha fatto al termine della crisi. In questa categoria si possono aggiungere il disturbo ossessivo-compulsivo e la sindrome di Gilles de La Tourrette che determinano nel soggetto interessato l'irresistibile spinta ad eseguire una o più azioni come se vi fosse costretto senza potersene esimere; anzi il tentativo stesso di sottrarsi all'azione “paradossalmente finisce per provocarla”(Stracciari, Bianchi e Sartori, 2011). In ultimo non va trascurata l'impulsività che rappresenta il tratto caratteristico di tutta una serie di disturbi di personalità e del comportamento.

In questa gamma di disturbi vale la pena citare il gioco d'azzardo patologico, la ricerca di situazioni ad alto rischio e la compulsione all'acquisto ed al consumo di beni e servizi, comportamenti questi che visti dall'esterno tendono ad essere stigmatizzati, perchè interpretati come vizio, devianza o debolezza e non come patologie vere e proprie in cui per il soggetto riesce difficile se non impossibile esercitare un controllo volontario personale. I disturbi “da dipendenza ambientale” comprendono un insieme di situazioni cliniche nelle quali il comportamento del soggetto sembra interamente dipendente dagli stimoli esterni all'individuo ed in genere sono verificabili nelle forme avanzate di decadimento demenziale. In queste forme il soggetto tende, ad esempio, a consumare subito del cibo che entra nel suo campo percettivo, o ad indossare un paio di occhiali che gli capita tiro senza però riuscire a dare alcuna spiegazione sul proprio comportamento, cioè poteva fare a meno di indossare gli occhiali non avendo alcuna limitazione visiva, ad esempio. Manca del tutto in tali comportamenti una qualche forma di coscienza dell'inadeguatezza dei comportamenti medesimi, ossia non orientati funzionalmente, quindi inutili se non addirittura sconvenienti. I disturbi più propriamente cognitivi dell'azione riguardano i deficit dell'agire ragionevole a causa del venir meno delle abilità di anticipazione delle conseguenze future di un'azione, dell'assumere punti di vista alternativi, formulare giudizi di ordine morale, ipotesi e deduzioni logiche e caratterizzano principalmente i soggetti con ritardo mentale congenito o acquisito, autismo, patologie neurologiche acquisite e alcuni disturbi dello spettro psicotico. Ad esclusione della minore età, ossia il mancato raggiungimento dei diciotto anni, queste capacità possono venire meno parzialmente o totalmente per infermità, ubriachezza o intossicazione da stupefacenti accidentale o incolpevole, cioè senza la personale responsabilità del soggetto o per sordomutismo. In tali condizioni si configura il vizio parziale o totale di mente, per cui viene a mancare la possibilità di colpevolezza dell'individuo, ossia la cosiddetta imputabilità.

Non va trascurata però la possibilità da parte di un determinato soggetto di simulare condizioni cliniche non reali che possono favorirlo in maniera da ottenere la non imputabilità per i comportamenti da lui manifestati in palese violazione di precise norme giuridiche. In altri casi, in cui il vantaggio potrebbe essere determinato invece dal cercare di dimostrare l'assenza di un'infermità parziale o totale quando questa è invece presente, come ad esempio nel tentativo di dimostrare l'idoneità a stipulare contratti, un determinato individuo potrebbe ricorrere alla dissimulazione, cioè a cercare di nascondere condizioni cliniche che lo rendono impossibilitato ad effettuare precise scelte che lo impegnano in contratti di qualsivoglia natura. Nella valutazione clinica delle caratteristiche e/o capacità che possano determinare una condizione di vizio totale o parziale di mente il tecnico incaricato, psicologo, psichiatra o altro dovrà mettere in atto una serie di attività finalizzate al monitoraggio di diversi aspetti dell'individuo che riguardano principalmente capacità, cognitive, neuropsicologiche, psicopatologiche e non potrà trascurare anche condizioni mediche particolari che compromettano in maniera significativa la sanità mentale così come viene contemplata dalle norme giuridiche. La valutazione deve poter offrire al magistrato una serie di elementi che in maniera il più possibile esaustiva offrano un quadro relativo all'individuo, partendo da elementi di tipo clinico e quindi derivanti dal colloquio e dall'osservazione e completando la valutazione con quanto potrebbe derivare dall'applicazione di determinati strumenti psicometrici.

La natura del colloquio clinico in ambito forense, pur mantenendo una piena identità conoscitiva, non richiede, come nel setting clinico, la formazione di un legame emozionale tra le parti coinvolte, ossia perito e periziando. Ciò nonostante è consigliabile che il perito sia aperto e accogliente rispetto al periziando, che non deve essere messo in difficoltà da un modo di fare pressochè inquisitorio da parte del perito. Così quest'ultimo dovrà preliminarmente spiegare che il suo compito consiste nell'ottenere un quadro obiettivo della situazione personale del periziando, assicurandosi di essere stato compreso da questi, quindi utilizzando un linguaggio adeguato al suo livello culturale. Le informazioni da raccogliere in questa prima fase dipendono dalle ragioni della domanda di consulenza, quindi di chi ha chiesto la valutazione e per quale scopo. Di notevole importanza riveste quindi la raccolta di informazioni relative a sintomi e difficoltà presentate attualmente dal periziando, utilizzando domande di tipo aperto ed evitando quindi in un certo senso di suggerire la risposta. Gli elementi di interesse su cui focalizzare l'attenzione nel colloquio sono rappresentati da capacità cognitive da parte del periziando: di comprensione di quanto richiesto dal perito e delle sue verbalizzazioni in genere; di elaborazione e produzione di risposte verbali comprensibili; di recuperare ricordi autobiografici sia recenti che remoti; di mantenimento dell'attenzione (attenzione sostenuta); di rispettare il proprio turno di parola, di decidere di rispondere oppure no, di evitare ripetizioni o divagazioni; di pianificare obiettivi metacomunicativi.

In alcuni rari casi possono bastare la concomitanza di due fattori fondamentali per poter seriamente dubitare della capacità di intendere e volere. Ad esempio la presenza di un ritardo mentale, rilevato con riferimento ai criteri diagnostici del DSM IV o dell'ICD 10 (QI<65), che testimonia una capacità cognitiva compromessa, unitamente alla presenza di sintomi psicotici, rilevati da apposite scale del test MMPI, dopo averne verificato la validità attraverso le cosiddette scale di controllo del test medesimo, potrebbero certamente e rapidamente portarci alla conclusione che quel soggetto non è assolutamente nelle condizioni di esclusione dall'infermità mentale. Al di là di un caso così semplice e lampante si possono prospettare svariate situazioni, nelle quali il tecnico incaricato deve preoccuparsi anche della detezione della simulazione e della dissimulazione come sopra illustrate (Stracciari, Bianchi e Sartori, 2011). Dal primo colloquio è possibile ricavare dati generali sulla persona che abbiamo di fronte in relazione a diversi aspetti, che eventualmente saranno sottoposti successivamente alla valutazione psicometrica, che ne misurerà l'entità in termini quantitativi.

Altri aspetti che andranno presi in considerazione riguardano: la qualità dell'eloquio; la congruenza delle risposte alle domande poste; la capacità di narrazione, ossia di raccontare esperienze personali, di vita quotidiana, di lavoro, problemi e difficoltà, interessi, aspirazioni, desideri, tendenze; la capacità di concettualizzare, cioè esprimere spiegazioni e nessi causali tra eventi, ecc. I contenuti espressi andranno considerati sulla base della loro aderenza più o meno possibile alla realtà, quindi alla eventuale presenza di contenuti fantastici, allucinatori, deliranti. Può essere utile registrare il colloquio per poterlo riascoltare successivamente, dopo aver adempiuto agli obblighi di legge relativi a tale pratica. Ai fini di tracciare un protocollo di valutazione allo scopo di verificare capacità, cognitive, neuropsicologiche, psicopatologiche di un individuo si può considerare utile considerare innanzitutto il livello di scolarità dell'individuo, in quanto questo rappresenta un elemento di discriminazione per la somministrazione di determinati test che possono risultare non adeguati ad esempio a soggetti che non sono in possesso di una minima scolarità prevista dai test medesimi. Il Mini Mental State Evalutation (MMSE) è un test di primo livello che può essere usato anche con soggetti di scolarità minima e ci rende subito delle informazioni preziose sulla presenza di una integrità mentale minima, il che ci permetterebbe di andare avanti con la somministrazione di test di livello intellettivo, come ad esempio le Matrici di Raven e/o la WAISS che ci forniranno informazioni sul QI.

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