L’attuale normativa, che segue la normativa Eu, concerne specificatamente lo stress lavorativo: il Decreto Legislativo 81/2008, nel suo articolo 28, prevede la valutazione e gestione dello stress lavoro-correlato. Inoltre, lo stress lavorativo è menzionato in altri articoli per la tutela specifica delle donne, anziani e lavoratori stranieri, soggetti più vulnerabili allo stress. Il Governo ha successivamente emanato le linee guida per l’applicazione pratica della legge che attualmente è in vigore. La valutazione dello stress lavorativo richiede metodi e strumenti diversi dai tradizionali mezzi di rilevazione finora usati per gli ambienti di lavoro (es. misurazione degli inquinanti, controllo impianti, ecc.). Nella prassi attuale il rischio «stress lavorativo», quando rilevato segue il seguente schema:
1. Un’analisi documentale per acquisire notizie dell’organizzazione del lavoro (organigramma, flussi produttivi, flussi comunicativi, gestione risorse umane, ecc.
2. La raccolta di indicatori aziendali di stress lavoro-correlabili (assenze per malattia, infortuni, turn-over, richieste cambio mansione, ecc.) e informazioni sulla gestione della salute e sicurezza (verbali riunioni, visite periodiche, piani di intervento annuali/pluriennali, relazioni biostatistiche annuali).
3. Valutazione oggettiva tramite metodi di osservazione diretta del lavoro o/e attraverso check-list o altri strumenti adatti. L’analisi oggettiva permetterà anche di identificare gruppi omogenei di lavoratori ovvero partizioni organizzative aventi caratteristiche comuni in merito ai fattori di rischio organizzativo.
4. Valutazione soggettiva tramite l’analisi della percezione dei lavoratori dello stress lavoro-correlato sui gruppi omogenei, attraverso strumenti di valutazione delle dimensioni lavorative critiche percepite, delle risorse individuali/di gruppo fruibili e dei disturbi psicofisici stress lavoro-correlati (disturbi psichici, disturbi somatici).
5. Una relazione conclusiva con l’analisi dei dati e la definizione dei livelli di rischio a cui collegare gli interventi preventivi/protettivi sullo stress lavoro-correlato, che diventa parte integrante del documento generale di valutazione dei rischi.
Quindi, sulla base dei dati raccolti, e sulla base dell’analisi degli stessi si identificheranno indicatori sintetici di livello di rischio (del tipo basso-medio-alto) a livello aziendale o per partizione o di gruppo omogeneo. La corretta attuazione di questa procedura richiede ovviamente, prima di tutto, la formazione di tutti gli attori coinvolti: tecnici, dirigenti aziendali, addetti alla sicurezza, e lavoratori. Per ora, l’applicazione della normativa sulla valutazione dello stress è stata applicata a poche realtà lavorative. Il rischio da evitare, data la difficoltà di seguire la procedura valutativa correttamente e le carenze formative (anche dei tecnici e degli altri addetti al lavoro), è che la valutazione del rischio finisca per essere una formalità da sbrigare con qualche annotazione frettolosa e superficiale. D’altronde, l’introduzione della obbligatorietà di questo tipo di valutazione ha il grande merito di aver sollevato un interesse e una discussione su un rischio lavorativo finora trascurato, con alti costi individuali e collettivi. È da augurarsi che, con il tempo e con la crescita della cultura della sicurezza sul lavoro, la valutazione e, soprattutto, la prevenzione dello stress lavorativo, facciano sempre più parte integrante delle buone pratiche del lavoro.